La
mia vita nel cuore della Trinità
> Possiamo
definire un autentico evento editoriale e una
benedizione della Santissima Trinità
l’edizione del suo Diario
spirituale. Il libro, dal titolo eloquente
La mia
vita nel cuore della Trinità è stato
pubblicato in bella veste tipografica dalla
Libreria Editrice Vaticana nel mese di
novembre 1996 (comprende 765 pagine, di cui 16
di fotografie a colori). Nella parte
introduttiva, si legge un bel profilo
biografico > di Elisabetta, curato dal padre
gesuita Luigi Filosomi, e una succosa
esposizione della sua esperienza spirituale in
quanto madre e sposa tradita, firmata dal
padre domenicano Giordano Muraro. L’edizione
in sé, poi, è stata predisposta e seguita da
padre Vittorio Luchetti, passionista, e da
padre Juan Pujana, trinitario. È più che mai
significativa questa collaborazione di quattro
religiosi di abiti diversi, — caso molto
raro — accomunati dal desiderio di mettere
finalmente in mano a tutti un’eredità
spirituale così preziosa e attuale, che per
troppo tempo è rimasta dimenticata.
> >Sorprendentemente
il prezioso Diario, tutto autografo, è
rimasto fino ad oggi inedito, quale tesoro
nascosto nell’archivio dei Padri Trinitari
di San Carlino, a Roma. A Elisabetta fu
richiesto dal suo confessore illuminato di
raccontare per iscritto le meraviglie che la
Trinità Santa operava nella sua anima, ed
ella obbedì (benedetta obbedienza!).
Iniziò a scrivere l’anno 1807 e,
salvo un’interruzione di quattro anni
(1809-1813), proseguì, nonostante dubbi e
tentennamenti di sorta, fino alla vigilia
della sua morte. Con umiltà e schiettezza
riferisce tutte le carezze che riceve dal suo divin Sposo, Gesù Cristo, e dal Padre e dallo Spirito
Santo, mediante lumi interiori, prove
indicibili, consolazioni, purificazioni,
lotte, elevazioni, inaudite persecuzioni
diaboliche, esperienze mistiche, disagi
familiari, prodigi. Ci dice come “salvò”
la sua famiglia: quando per lei e per i suoi
cari si fece incombente il rischio di
smarrimento e di frantumazione per colpa
dell’infedeltà del marito, ella aprì
totalmente il cuore al suo Gesù, in modo da
far irrompere il proprio amore nella Sua
persona e attingere abbondantemente al Cuore
di Cristo la forza e la luce indispensabili
per amare ancora di più Cristoforo e fare del
focolare domestico vero vivaio di fede,
speranza e carità. Nel suo Diario non si
respira l’aria di rassegnazione della donna
che, per motivi sociali e morali, subisce a
malapena il tradimento e le vessazioni del
marito, bensì la libertà interiore e la
gioia profonda della donna coraggiosa che si
lascia prendere per mano da Dio Trinità
(Amore, Gioia, Libertà, Vita piena) e riesce
a ricostruire con Cristo un amore del tutto
nuovo, sorgente della vera felicità.
Elisabetta abbracciò il matrimonio come una
autentica vocazione e missione da vivere ogni
giorno più intensamente e da realizzare nel
concreto e nel quotidiano. Sentiva la voce di
Gesù che la invitava ad essere dono per il
consorte e le
figlie. A questo scopo ella vive in
continua dedizione per suo marito, che assiste
con tanto affetto in occasione della malattia,
senza allontanarsi dal suo capezale; in merito
ai debiti da lui contrati, invoca i creditori
a condonarglieli. Segue le figlie
sollecitamente nella loro crescita personale e
cristiana e nella loro scelta vocazionale: una
diventa suora e l’altra sposa.
> >Nelle
pagine di questo eccezionale Diario si
evidenzia, a nostra grande sorpresa, la
straordinaria
e provvidenziale missione che quella
donna umile e tradita ebbe a compiere a
sostegno del papato (specialmente Pio VI e Pio
VII), per il bene del popolo di Dio, per la
pace della società, ecc. Ci stupisce quando
ci parla del suo ruolo determinante per il
ripristino della Compagnia di Gesù, che era
stata soppressa da Clemente XIV nel 1773 e fu
ristabilita da Pio VII il 7 agosto 1814,
grazie appunto alle preghiere e ai sacrifici
di Elisabetta, che, essendo stata guidata
spiritualmente da ex-gesuiti negli anni
1802-1807, si sentiva molto unita a
Sant’Ignazio di Loyola e al suo istituto. Si
offrì come «vittima» per la pace e la
santità della Chiesa, così come per la
salvezza dei peccatori.
Dalla contemplazione del mistero
trinitario e dalle lunghe ore d’intimità
con Gesù nell’Eucaristia ella traeva
luce e slancio per affrontare con
dedizione esemplare i lavori più umili e
pesanti per mantenere la famiglia, ridotta
sull’astrico, e ancora per sccorrere le
famiglie in difficoltà e i bisognosi. Dalle
sue confessioni
emerge una grande capacità di apertura
e di lettura dei segni dei tempi sociali ed
ecclesiali. Ella si è identificata con la sua
società, facendola propria nella situazione
di laici, famiglie, ecclesiastici e religiosi.
Nel suo cuore tutti sono presenti, tutti sono
amati con passione; da tutti si sente
attratta, per tutti vuole consumare la sua
vita. Infatti, pregava per quanti si
avvicinavano a lei con fiducia ed invocavano
il suo consiglio e la sua intercessione;
andava incontro alle coppie in crisi, ai
poveri e agli am>malati, condivideva con i
bisognosi perfino il necessario per il
sostentamento della sua famiglia. Per la
santità della Chiesa, per il bene del Papa e
la pace della sua città era pronta ad offrire
tutta la sua vita quale vittima di espiazione.
> >A
Elisabetta Canori Mora — diceva Giovanni
Paolo II in occasione della sua beatificazione
— «una fede calda e una eccezionale
esperienza mistica la sostennero nelle tante
difficoltà incontrate sia nella vita
matrimoniale che nell’educazione delle sue
figlie». Ebbene, secondo il suo Diario, molte
delle sue esperienze mistiche si riferiscono
direttamente al mistero della Santissima
Trinità, mistero di amore divino, che per lei
è fonte, via e meta della sua esperienza
spirituale. Tre santi angeli di elevato rango
celeste, oltre l’angelo custode, le furono
assegnati per condurla sulla via di una
altissima comunione con le tre Persone divine.
«Questi nobili cittadini celesti mi sono
stati — riferisce —, per particolare
privilegio, assegnati dalla potenza del Padre,
dalla sapienza del Figlio, dalla virtù dello
Spirito Santo, mentre questi santi angeli
appartengono distintamente ai tre divini
attributi». Si dichiara spesso altamente
favorita dalla Santissima Trinità. Così, per
esempio: «Come padre mi strinse amorosamente
al suo seno; come amico mi donò i suoi
meriti, in maniera molto particolare, per
mezzo dei quali fui sublimata all’alto posto
di diletta sua sposa. Eccomi dunque favorita
dalla Triade Sacrosanta» (anno 1814). Nello
stesso periodo, dopo avere implorato dal
Signore la salvezza per tutte le anime a lei
unite, «fatta la preghiera, fu sollevato in
un baleno il mio spirito, e condotta da Dio
medesimo fui in>oltrata negli ampi spazi della
divinità. In questo immenso luogo mi fu
compartito un merito molto grande della Triade
Sacrosanta: la potenza del divin Padre mi
compartì l’attività di ottenere la grazia,
la sapienza del divin Figlio mi donò
l’efficacia della preghiera, l’infinita
bontà del divino Spirito si fece mediatore,
col compiacersi di esaudirmi per puro amore,
senza cercare il demerito mio, e in questa
guisa ottenni la suddetta grazia».
> >
> >Giunse
«perfino a palpare con lo spirito il cuore di
Dio», dove> conobbe per evidenza l’amore
infinito di Dio-Trinità nei suoi confronti e
l’unione inscindibile della sua anima con la
Triade Sacrosanta, manifestatale in forma di
tre rami (le tre potenze della sua anima)
insiti nell’albero eterno della Trinità.
Durante una novena di preparazio>ne alla festa
della Trinità (maggio 1815), si sentì
trasformata dalla Santa Trinità per mezzo di
un dardo prodigioso che, partito dalla sacra
ostia, colpì il suo cuore: «L’amabile
saetta mi fece morire e poi mi ridonò la vita».
> >Il
mistero della Triade Sacrosanta, come usa
dire, le si manifestava inconfondibilmente —
fin dal 1807, quando si affidò alla guida
spirituale di padre Ferdinando — sotto vari
segni e simboli (visioni mistiche di grande
interesse per la penetrazione del mistero
fontale della nostra fede): Una fonte di acqua
viva; un misterioso bastone che era tutto il
suo sostegno («o sovrano bastone, ti
racchiudi in te la magnificenza di un Dio
trino e uno; in te contemplo l’augusta
Trinità, tu mi simboleggi gli attributi di
Dio, mio Signore, tu mi dimostri la figura del
divin Verbo!»); «una splendidissima e vastissima nube, con tre
rappresentanze, benchè una sola fosse la
nube, e tre immensi raggi di eterna luce che
in essa risplendevano, uno distinto
dall’altro, benchè una sola fosse la luce»;
«una luce immensa figurata in tre globi di
una belleza senza pari, in cui la povera anima
mia conosceva, per quanto ne è capace,
l’infinita essenza di Dio, uno e trino...
Con mio stupore osservai che le opere generate
da questa luce tornavano alla medesima luce.
Per mezzo di interna illustrazione conobbi che
queste sono le opere meravigliose della sua
infinita potenza, della sua infinita sapienza,
della sua infinita bontà. Per mezzo della
suddetta luce Dio mi degnò di un grado molto
particolare di unione».
> >Sovente
si limita a sottolineare lumi speciali per
conoscere l’altissimo mistero, con
affermazioni di questo genere: «Per mezzo di
intellettuale intelligenza, volle Dio darmi in
qualche maniera a conoscere l’augustissimo
mistero della sua Triade Sacrosanta»; «Conoscevo
le divine determinazioni di Dio, i suoi
rettissimi giudizi..., ecco come trionfano le
tre divini attributi di un Dio trino e uno,
che in tutto si glorifica in se stesso»;
> >Nella
linea della spiritualità dell’Ordine
Trinitario — Gloria
tibi, Trinitas, et captivis libertas —,
tale esperienza spinge Elisabetta a donarsi
senza riserve ai fratelli sofferenti del suo
intorno. È una spiritualità di comunione
personale con il Padre, in Cristo sotto
l’azione e la guida dello Spirito, per cui
necessariamente sfocia e si incarna in un
impegno de servizio amorevole e liberante ai
poveri. La Beata ci fa capire, lungo tutto il
suo Diario, che solo perchè immersa nel cuore
della Trinità, che è Amore e Comunione e
sorgente di ogni vero amore, potè realizzare
appieno la sua vocazione matrimoniale e la sua
missione ecclesiale, facendo della sua vita un
dono d’amore senza contraccambi per tutte le
persone, a cominciare dai suoi cari. Con la
sua testimonianza sottolinea la centralità
che nella vita di coppia, nel cuore
dell’uomo e della donna, deve avere
Dio-Trinità.
> >La
Santissima Trinità la rese un canale largo e
profondo della Sua infinita misericordia per
strappare le anime alla schiavitù di satana
sia in questo mondo che nell’altro
(purgatorio). Molte volte questa donna umile
fu chiamata dal Signore: «Arbitra
del mio cuore». «Chiedi, dimmi cosa brami,
tutto otterrai dall’infinito mio amore»,
le diceva, in riferimento sia ai bisogni del
mondo e della Chiesa sia alla salvezza delle
anime purganti. Sentita una tale
dichiarazione, il 1 novembre 1816... Ma
ascoltiamo il racconto: «Piena di fiducia nei
meriti santissimi di Gesù, con umile
preghiera chiedo di liberare dal purgatorio le
anime purganti. A questa mia richiesta, mi fu
presentata una smisurata chiave: Va’,
mi sento dire, va’, a tuo arbitrio libera tutte quelle che ti piace liberare».
Poi, con la guida e l’aiuto dei santi
fondatori dell’Ordine Trinitario e di san
Carlo Borromeo, effettivamente «molte di
quelle anime furono liberate da quel tenebroso
carcere».
> >Desta
grande meraviglia vedere Elisabetta dotata dal
Signore di una potenza particolare per
liberare le anime purganti, fino a quasi
spopolare il purgatorio con certi suoi
interventi. Ecco un’altro episodio,
spigolato tra tanti altri
simili. Siamo all’inizio di marzo del
1821. Dio «mi diceva: Chiedi quanto vuoi che tutto otterrai. Mi approfitai di questa buona
occasione. Gli dissi: “Mio Dio, padre delle
divine misericordie, vi prego di aprire le
porte del purgatorio, affinché vengano tutte
quelle anime benedette a lodarvi e benedirvi
per tutta l’interminabile eternità”. Al
momento, per comando di Dio, andarono in volo
molti santi angeli a dischiudere quelle ferali
porte, e un numero immenso di quelle sante
anime se ne volarono al cielo, corteggiate dai
loro santi angeli custodi».
> >Non
posso non citare ancora un ulteriore passo,
inquadrato negli ultimi mesi di vita della
Beata , quando — come scrive a chiusura del
suo Diario — «mi pare che la bontà del
Signore voglia ammettere la povera anima al
passaggio di una vita deiforme».
Ascoltiamola: «Nel mese di novembre 1824,
nell’ottava dei defunti, fui favorita in
tutti gli otto giorni di particolare grazia,
in vantaggio delle anime sante del purgatorio.
Dopo lunghe orazioni che facevo per suffragare
le suddette anime, si degnava farsi vedere
l’Agnello divino. Con tutta piacevolezza mi
domandava cosa bramavo. L’anima frettolosa
rispondeva: “Ah, mio Signore, voi lo sapete,
desidero liberare le anime sante dal
purgatorio”. L’Agnelo divino così mi
rispose piacevolmente: Te
ne concedo la grazia; a tuo arbitrio libera
quante anime vuoi dal purgatorio.
L’anima rispose: “Mio Dio, mio Signore, e
come volete che io faccia a liberarle, se sono
tanto miserabile e peccatrice? Gesù mio,
venite voi con me a quel carcere, allora sono
certa di liberarle!”. Sì
— rispose il divino Agnello — andiamo,
voglio compiacerti!». L’Agnello portò
sulle sue spalle l’anima di Elisabetta nel
purgatorio, dove, presa da struggente
compassione nel sentire «i gemiti e le
preghiere di quelle sante anime, che
chiedevano misericordia e pietà», ne chiese
con straordinario fervore la liberazione
al «mio buon Signore, stringendolo
forte al mio cuore... L’amante Agnello così
mi disse: Figlia
diletta mia, poni la tua mano nel forame del
mio cuore e lascia scorrere il mio sangue a
larga copia. L’anima prontamente obbedì...
Quel sangue divino, che scorreva in larga
copia, andò ad estinguere quelle atroci
fiamme. Allora si vide la moltitudine di
quelle sante anime purganti ripiene di gioia e
di contento. Scesero allora in quel carcere i
loro santi angeli custodi e le condussero con
sommo gaudio al cielo, in mezzo ad una
risplendente luce... In tutti gli otto giorni
dell’anniversario dei fedeli defunti mi seguì
questo fatto, sempre nei medesimi termini.
L’ultimo giorno ebbi il contento di vedere,
con sommo mio stupore, quel carcere poco meno
che vuoto».
> >Il
rapporto speciale di Elisabetta con la divina
misericordia è uno degli aspetti che più
colpiscono in questo suo Diario, dal quale traspare come quella donna fragile, che ottenne
dal Signore la conversione del marito e, in
vari momenti drammatici della Chiesa e di
Roma, arrestò la giustizia divina sul punto
di colpire, ha ricevuto dalla Santissima
Trinità il dono e la missione di condurre a
Cristo e al paradiso tutte le persone che si
metteranno sotto la sua protezione. Diamone
qualche riferimento testuale. Nel febbraio
1821, «così Dio si degnò di parlarmi
intimamente: Mia
diletta figlia, tu riporti il trionfo della
mia Chiesa. Tu facesti violenza al mio cuore
col sostenere virilmente un diluvio di
patimenti per amor mio, così ti facesti
mediatrice e, in luogo della giustizia che
volevo in questi momenti far trionfare per
mezzo di severo castigo, ecco invece nelle tue
mani la mia misericordia. Non più disperso e
ramingo sarà il gregge di Gesù Cristo, né
la tua Roma perderà il dominio della cattedra
infallibile della verità di santa Chiesa.
Vedi, o mia amantissima figlia, fin dove
giunge l’amor mio a condiscendere la tua
volontà, le tue brame. Sei paga? Brami altra
prova dell’infinito amore che ti porto?».
E qualche giorno dopo: «Mia
dilettissima figlia..., ecco l’amor tuo per
la mia grazia fin dove giunse! La mia potenza,
la mia sapienza, la mia bontà [=attributi
delle tre Persone divine] in te voglio
magnificare, per dimostrare l’amore che ti
porto. Per mezzo della mia grazia sei divenuta
terribile all’inferno, e alla tua voce la
potestà delle tenebre resterà confusa e il
suo orgoglio resterà da te, in mio nome,
vinto e soggiogato».
> >Infiammata
di un amore appassionato a Cristo Crocifisso,
fece sua la fame di anime del Cuore di Gesù.
Esclamava al suo divino Sposo: «Anime cerco
di ricondurre all’amante tuo cuore: ecco la
mia vita, ecco il mio sangue, tutto per il tuo
amore si verserà. Anime chiedo, caro Gesù
mio, non negare questa grazia». Racconta che
molte volte si rivolse al Signore con
suppliche come questa (Natale 1814): «Gesù
mio, vi chiedo in grazia che tutti quelli che
mi beneficano e tutte quelle persone che sono
a me unite in spirito, siano salve. Sì, Gesù,
vi chiedo questa grazia, non me la negate...
Gesù mio, queste anime sono unite a me con
vincolo di carità, a me appartengono, le
voglio tutte salve! Non partirò dai vostri
santissimi piedi fintanto che non abbia
ottenuto da voi la grazia». Ebbene, dalle tre
Persone della Trinità «ottenni la suddetta
grazia, non solo per quelle anime che mi hanno
fino ad ora beneficato, ma ancora per tutte
quelle persone che mi beneficheranno per il
tratto successivo. Saranno tutte salve quelle
anime che sono e che saranno a me unite in
spirito!». E Gesù volle rassicurarla a più
riprese: «Sappi che tutte quelle anime che volontariamente a te si
soggetteranno saranno salve». Stupefatta
e dubbiosa per queste parole, si intese dire
ancora: «Scrivi
pur liberamente: sono per mantenere a queste
persone la promessa».
> >Un’altra
volta ascoltò dalle labbra di Gesù: «Figlia,
figlia diletta mia, è infinito l’amore che
ti porto. Che onore che gloria! Quante anime
condurrai al mio amore! Io ti darò l’aiuto,
perché tu possa operare cose grandi e di
sommo mio onore. Ti ho prescelto per una
grande opera, corrispondi fedele alla mia
grazia! Tutto potrai nel mio nome, chi ti potrà
nuocere, chi ti potrà sovrastare? Io sarò
sempre con te. Un atto della tua volontà
basta per beneficare ogni creatura».
> >Così
comme avvenne durante la sua vita terrena,
anche ora, nel tempo senza fine della sua vita
gloriosa, la potentissima intercessione della
Beata Elisabetta Canori Mora si rivela
particolarmente efficace nei casi di famiglie
e coppie divise, di rapporti compromessi tra
genitori e figli, di focolari domestici
mortificati dalla disoccupazione, la povertà
o la malattia. Fece del suo Dongiovanni
Cristoforo un capolavoro. È pronta a fare
altrettanto, nel nome di Cristo, con il rozzo
legno che portiamo ognuno di noi.
> >Bella,
accattivante, rassicurante, sorella forte e
sollecita, madre compassionevole, spirito
affascinante, umile ma arditissima nel far del
bene, votata per intero alla nostra salveza,
rubacuore di Cristo, tanto vicina e dedita a
noi quanto immersa per sempre nel
cuore della Trinità,... questa nostra
Elisabetta, che ci si confida, aprendoci i
tesori del suo cuore nel suo inestimabile
Diario!
> >Il
24 aprile 1994, nel contesto dell’Anno
Internazionale della Famiglia, Giovanni Paolo
II la dichiarò Beata, presentandola al popolo
cristiano come sposa e madre esemplare,
impegnata in una fedeltà eroica , nei valori
più esigenti e permanenti del Vangelo. Fu
—disse il santo Padre— una «donna
d’eroico amore. Sposa e madre esemplare,
impegnata a testimoniare nella vita quotidiana
i valori esigenti del Vangelo. La sua forza fu
in ogni momento la preghiera». Nell’ora del
laicato, Dio ci offre questa grande donna
mistica con una specialissima missione per il
bene della Chiesa. In questo nostro tempo così
travagliato e combattuto per quanto riguarda i
valori del Vangelo e, in particolare, i valori
del matrimonio e della famiglia, quindi, in
questa società così assetata di guide forti
e saggie, il Diario della beata Elisabetta —
grande amica, sposa prediletta, serva
incondizionata di Cristo — si rivela un faro
orientativo di splendente e rassicurante luce.
Per molti la sua lettura sarà una guida
preziosa, un aiuto alla loro vita di fede, un
sostegno e una consolazione nelle loro pene.
> >La
nostra Beata fu sepolta nella cripta di San
Carlino. Attualmente le sue reliquie si
venerano nella cappella barberiniana della
chiesa. Nella primitiva sacrestia di questo
capolavoro architettonico (di Francesco
Borromini), si possono contemplare parecchie
cose originali che la rigaurdano: alcuni
abiti, enelli matrimoniali e ditali, oggetti
di penitenza (cilicio e disciplina), carte
autografe, l’Imitazione
di Cristo di suo uso personale, ecc.;
anche due ritratti di famiglia contemporanei:
uno la ritrae all’età di sette anni con la
sorella, e l’altro (un quadro in miniatura)
alla vigilia del suo matrimonio.
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