PER
UN MONDO MIGLIORE
“La
carità mi faceva amare Dio
con
tutta la forza, con tutta l’ampiezza
del
mio povero cuore”.
(Dal
Diario della Beata Elisabetta Canori
Mora)
Il
convento annesso alla Chiesa di San
Carlino, ospita una Comunità di Frati
appartenenti a diverse nazionalità
che seguono il progetto di vita
dell’Ordine della Santissima Trinità,
all’insegna della carità fonte di
speranza, carisma dell’Ordine
fondato da San Giovanni de Matha nel
1194 a Cerfroid (a 70 Km da Parigi) la
cui Regola è approvata dal Sommo
Pontefice Innocenzo III, il 17
dicembre 1198. Padre Giovanni ha
l’ispirazione mentre celebra la
prima Messa solenne nel 1193, con la
visione di Cristo Redentore tra due
schiavi: uno bianco e l’altro moro.
Animato
dalla carità, con la collaborazione
dei confratelli, San Giovanni de Matha
opera redenzioni di schiavi e si
dedica alle opere di misericordia,
vivendo di Dio Trinità, il cui
mistero di redenzione e di amore aveva
posto come fonte e fine
dell’Istituto.
L’abito
dei Trinitari, fin dalle origini, è
bianco con una croce rossa e blu sul
petto. A questa simbologia nel
manoscritto 3143 “Fondazione dell’OSST”
conservato alla British Library di
Londra si dà questa interpretazione:
il bianco è il colore della veste
candida di biblica memoria, richiama
sia l’uomo nuovo che l’Uomo Nuovo;
il blu ed il rosso sono i colori del
sangue e dell’acqua sgorgati dal
costato di Cristo crocifisso.
Il
complesso borrominiano, dove ogni
angolo è un inno di gloria alla
Santissima Trinità, costruito con
materiale povero perché i soldi della
“cassa della redenzione” dovevano
servire per il riscatto degli schiavi,
è casa di formazione di studenti
trinitari che si preparano alla vita
consacrata e al sacerdozio per
intraprendere, seguendo le orme del
fondatore e alla sua sequela, la via
dell’amore fraterno e
dell’irradiazione dei valori
evangelici per dare speranza ed essere
al servizio della redenzione e della
misericordia degli emarginati della
società e delle schiavitù moderne
che annientano l’uomo più delle
catene materiali.
In
un poster anonimo affisso sulla
colonna di una Chiesa è scritto:
“Se tanti piccoli uomini, in tante
piccole parti della terra, facessero
tante piccole opere di bene, il mondo
sarebbe migliore”.
Scrive la Beata Elisabetta nel suo diario spirituale: “Molto
particolare fu la carità che mi donò
il pietoso Iddio verso i miei
prossimi, mentre per sovvenirli non
avevo alcun riguardo, ma a costo di
ogni mia fatica e incomodo procuravo
di sovvenirli. Con la licenza della
suocera, prendevo ogni genere di cose
che erano in casa, come sarebbe di
vino, di carbone, di latticini e tutto
davo, con il permesso della suddetta
mia suocera, ai poveri”.
E
scrive ancora: “Mio Gesù, mio
amore, fin dove giunge la tua carità
verso di me, che sono la creatura più
vile che abita la terra? Ma in questo
tempo che così esclamavo, volgo lo
sguardo verso quella luce: vedo il mio
caro Gesù che dolcemente riposava
sopra al regio edificio, che si è
degnato formare nella povera anima
mia. Vedevo le tre potenze
dell’anima mia sotto il simbolo di
tre bellissime colonne, sopra le quali
vedevo riposare il mio Signore. Quale
quiete, quale pace, quale dolcezza di
spirito, quali affetti di amore
sperimentava il mio povero cuore!”
La
Beata Elisabetta riposa in un’urna
posta nella cappella a sinistra
dell’altare maggiore, con accanto
l’Immagine di Gesù Nazareno che
durante la sua breve vita ha operato
tanti miracoli.
La
devozione a Gesù Nazareno si richiama
all’attività propria redentrice
dell’Ordine Trinitario, e si
riallaccia all’evento di una
redenzione del 1682, nella quale, con
gli schiavi, fu riscattata anche una
statua lignea di Gesù Nazareno, oggi
venerata a Madrid. Da allora
l’immagine di Gesù Nazareno si
venera in tutte le Chiese dei
Trinitari.
Anche
la Beata Anna Maria Taigi “Ebbe
sempre una viva fede e particolare
devozione pel mistero della SS.ma
Trinità, ed essendo dessa Trinitaria
scalza terziaria pregava continuamente
per la redenzione de’ schiavi per il
pericolo, in cui i medesimi si
trovavano di perdere fra i Gentili il
gran dono della Santa Fede. Nel
pregare tal proposito vide nel mistico
Sole tante palle rosse sanguigne con
cerchio, o fil d’oro con la
spiegazione indicante la liberazione
di molti schiavi d’Algeri, che
vennero poi in Roma, come si verificò,
andando tutti in processione colla
pazienza al collo alla Chiesa di S.
Maria sopra Minerva”.
Scrive
un grande santo “Animato dalla carità
ti sarà facile tutto ciò che prima
era assai faticoso, sorretto da essa
ti sarà leggero tutto ciò che
giudicavi pesante”.
E
tutto è Amore.
Beate
Anna Maria ed Elisabetta, spose, madri
e mistiche: pregate per noi!
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