LA
CHIESA DEI POVERI: SAN CARLINO ( 7
aprile 2003)
Alcuni giorni fa mi trovavo a far
visita alla vicina chiesa di
Sant'Andrea al Quirinale, opera del
grande Gian Lorenzo Bernini. Una
giovane maestra spiegava ai suoi
alunni l'arte che racchiudeva quel
gioiello e fissava l'attenzione sulla
profusione di marmi colorati, e alla
fine della sua spiegazione con mia
meraviglia sento che dice al gruppo:
"Ora ragazzi andiamo a visitare
la chiesa dei poveri".
Naturalmente visitavano San Carlino.
Bernini e Borromini a Roma
rappresentano la sfida secolare
nell'arte, anche qui a via del
Quirinale.
Non so cosa ha detto la maestra ai
suoi ragazzi sulla 'chiesa dei poveri',
ma sì quello che Fra Giovanni di San
Bonaventura scrive nel 'Libro della
Fabbrica di San Carlo alle Quattro
Fontane'. Fra Giovanni, amico
personale di Francesco Castello
Borromini, lo ha seguito da vicino nei
lavori dal 1634 al 1656. Nelle 801
pagine del suo voluminoso manoscritto
scopre molti segreti del geniale
architetto.
In una delle pagine ci informa sul
totale costo della fabbrica. I
Religiosi Trinitari per Regola non
possono usare materiali pregiati nelle
costruzioni, sono i poveri e gli
schiavi il più pregiato tempio da
curare. E nella loro povertà devono
mettere nella chiamata 'Cassa della
Redenzione' una terza parte di tutti i
beni, per la redenzione degli schiavi
- come lo indica scrupolosamente la
Regola approvata dal Papa Innocenzo
III, il 17 dicembre 1198.
Francesco Borromini, conosce questa
realtà e non si tira indietro, anzi,
lega il suo nome ai Trinitari
mostrando come sia possibile usare
l'umile materia per creare sublime
bellezza: "Cominciò dunque a
fabricar questo convento detto Signor
Francesco. alli 6 di luglio 1634.
messe mano a fabricar il quarto di
dormitorio, il quale fu finito
perfettamente per il mese di agosto
del anno venente 1635, nel quale si
vede nel sumario della spessa di detto
quarto in questo libro, pagina 192,
spesse scudi 4.984 bajocchi 37. Et
avanti di finire detta fabbrica, cioè
alli 6 di febraro di detto anno 1635,
cominciò la fabbrica del chiostro,
con le sue stantie aderenti; et la finì
a dì 4 di giugno 1636, nella quale
spesse, come si vede in questo libro,
pagina 316, scudi 2276 bajocchi 19. Et
alli 23 febraro 1638 cominciò la
fabbrica della chiesa, sacristia et
altre stantie aderenti, con choro e
con tutto il complemento del convento,
et fu finito tutto a dì 8 di maggio
1641, nella quale, come si vede in
questo libro, pagina 480, spesse scudi
11.678 bajocchi 53. Il quale, come si
vede, finì perfettamente cassa per la
Santissima Trinità et per i religiosi
in spatio di sette anni, cioè dal 6
di luglio 1634 sino 8 di maggio
1641, emulando a quel sapientissimo Re
Salomone, che narra la divina Historia,
in spatio di sette anni edificò cassa
per Dio".
Da questo manoscritto di Fra Giovanni
di San Bonaventura sappiamo del
marchese di Castelrodrigo,
ambasciatore della 'Maestà Cattolica'
e ammiratore della chiesa di San
Carlino: "In una occasione che
vede la chiesa di questo convento,
considerando sua bella architettura,
in che si dilettava asai, disse a
detto Signore Francesco Borromini:
'voglio che a questa chiesa si facia
la facciata per conto mio et voglio
spendere in essa vinti cinque milla
scudi'. Detto Signor Francesco gli
disse: 'Excellentissimo Signore, il
sito della facciata non è capace di
cossì grande spessa'. Et risposse sua
Excellenza: 'Voglio che tutta la
facciata sia di marmoli'. Tanto
piaceva a detto principe la vaghezza
della chiesa., ma la Maestà Cattolica
in quei giorni comandò detto
Signore Marchese partirsi di Roma per
la Fiandra per Governator di quelli
stati". In verità il Marchese di
Castelrodrigo, ambasciatore di Spagna,
aveva dato una elemosina per poter
finire la parte del dormitorio, e
"non curando della loda et aura
humana.comandò che non voleva altro
obligo che nelle camere dei religiosi
si mettesse una memoria che dicesse:
'Ora pro benefactore'.
San Carlino, come diceva la maestra ai
ragazzi continua ad essere 'la chiesa
dei poveri'.
Santa Trinità accoglie il dolore
degli innocenti del nostro mondo!
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