SEMPRE
ATTUALE: DONNA DI SPERANZA
Beata
Elisabetta Canori Mora
“Gesù
Cristo vivente nella sua Chiesa,
sorgente di speranza” (Esortazione
Apostolica ‘Ecclesia in Europa’,
2003).
Uno
dei quattro medaglioni in stucco
situati nei pennacchi della cupola
barocca della Chiesa di San
Carlo alle Quattro Fontane, opera
dell’architetto Francesco Borromini,
rappresenta L’incontro di San
Giovanni de Matha con San Felice di
Valois, lavoro di Giuseppe
Bernascone che nel febbraio del 1640
è incaricato della decorazione a
stucco. L’incontro dei due Santi ha
un significato particolare per la
Chiesa e per tutti i cristiani, in
quanto sono i fondatori dell’Ordine
della Santissima Trinità, nato per
dare speranza ed essere al servizio
della redenzione e della misericordia
degli schiavi, dei prigionieri, dei
poveri e degli emarginati della società.
Il carisma è quanto mai attuale, in
quanto molte sono le schiavitù della
società moderna, in primo luogo la
droga e l’alcool, che annientano
l’uomo, privandolo della libertà;
quindi la miseria, l’analfabetismo,
la prostituzione, l’emarginazione,
l’odio e l’indifferenza che
annullano la dignità umana e tolgono
la libertà; poi la persecuzione a
causa della fede, che sottrae i
diritti per le convinzioni religiose.
La
splendida Chiesa, dove l’aria che si
respira è satura dell’anima della
Beata Elisabetta Canori Mora, è stata
il centro della sua breve vita
consumata come un dono d’amore e di
speranza per il prossimo vicino e
lontano, per la Chiesa, per le anime
purganti e per gli ammalati. Affronta
le difficili e penose prove della vita
con ferma speranza e fiducia, sempre
pronta ad offrirsi qual vittima di
espiazione per placare l’ira del
Signore e piacere al suo amorosissimo
Gesù sacramentato.
Piangendo
e pregando per le sue colpe sente una
grande speranza da cui trae conforto,
e per la speranza in Dio si mantiene
intrepida contro la disperazione ed
implora la misericordia del Signore
per le nefandezze commesse dagli
uomini e si infervora tutta
nell’aspirare al Cielo e nel
confidare nei meriti di Gesù Cristo.
Rivolta
al cielo implora: Gesù mio diffido
di me, ma la mia speranza è
appoggiata in Dio. Sì, mi salverò
per i meriti infiniti di Gesù.
Le
persone che si rivolgono a lei, per
consigli, preghiere o conforto,
restano edificate, fiduciose e
persuase a riporre tutta la loro
fiducia in Dio, tanto per le cose
spirituali, quanto per le cose
temporali. Anima tutti a tenersi fermi
nella speranza in Dio tanto
misericordioso, e a diffidare solo
della propria debolezza, viltà e
miseria; con questa speranza richiama
e converte i traviati e molte anime
dalla via di perdizione e dalla
pusillanimità e le riconduce nel
giusto e retto sentiero.
Per
le necessità materiali la sua
speranza e fiducia in Dio è completa,
tanto da assicurare sempre le figlie
che non sarebbe mai mancato il
necessario.
La
Speranza mi faceva sperare con ogni
certezza il sommo Bene, scrive nel suo Diario.
E,
affidata sempre nei meriti di Gesù
Cristo, mio Signore, dove ho fondato
la mia speranza. Le sue amorose piaghe
mi rendono certa la speranza di
poterlo amare eternamente, senza
intervallo, senza riserva, ma lo amerò
con tutta l’ampiezza del mio cuore.
Mio
Dio, mio amore, vi offro il sangue e
la vita, donatemi il vostro cuore,
datemi la corrispondenza, donatemi la
perfezione.
Pongo
ogni mia speranza in voi, mio Bene,
mio amore. Gesù mio non posso più
soffrire di vedermi ingrata al vostro
amore.
Nell’amaro
pianto per le sue colpe sente sempre
una speranza che la consola, è la
voce del suo amorosissimo Dio che non
l’ha mai abbandonata e non abbandona
mai nessuno: l’amor che move il
sole e l’altre stelle (Dante,
Paradiso).
Sperare
in terra significa essere capaci di
sperare nel mondo di Dio, ed
Elisabetta è come una fiaccola che
tiene accesa la carità, sorgente
inesauribile della speranza, a lode e
gloria della Santissima Trinità.
Beata
Elisabetta Canori Mora, prega per noi!
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