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L'ANGELO DI SAN CARLINO:
11 maggio festa del BEATO DOMENICO
ITURRATE
Sulla porta principale di San Carlino
l'architetto Francesco Borromini
ha fatto mettere un angelo con tre
paia d'ali, un serafino di sublime
bellezza. Con le sue ali sorregge il
mosaico del classico stemma
trinitario: il Redentore con gli
schiavi. Il serafino guarda verso
l'incrocio delle Quattro Fontane, come
ad attirare l'attenzione di tutti
i passanti. Ma qual è il messaggio di
questo serafino? Cosa vuol
comunicare ai tanti passanti nel cuore
della città di Roma?. L'enigma mi
è stato svelato da un giovane
religioso. Vedi, varcando questa porta
entriamo nella Casa della Santa Trinità,
il Tempio di Dio dove gli
angeli -secondo la Scrittura- cantano
l'inno biblico: 'Sanctus, Sanctus,
Sanctus Dominus Deus.'. Ci ricorda la
soglia davanti alla quale il
profeta si è sentito 'uomo dalle
labbra impure' e non avendo il
coraggio
di varcarla, fu allora che "un
serafino volò verso di me tenendo
nella
mano un carbone acceso, che aveva
preso con delle molle dall'altare.e mi
toccò le labbra" (Is. 6, 6-7).
Questa simbologia biblica era
famigliare al Beato Domenico Iturrate
(1901-1927), autentico 'angelo' di San
Carlino. Appena ordinato
sacerdote, 25 anni di età, il medico
gli diede notizia crudamente della
sua malattia: 'la tubercolosi'. Non
c'era cura possibile allora. Si è
sentito perplesso in quel primo
momento, tanto che il suo direttore
spirituale gli ha domandato: Sei forse
triste Domenico?. E la sua
risposta è stata istintiva: "Mi
ero così ben preparato per portare
per
il mondo la Santa Trinità!". Poi
ha scritto: "Dio è un buon Padre
e
quello che ci dà è sempre il meglio
per noi".
Quando il 30 ottobre 1983 Giovanni
Paolo II lo proclamò beato, ebbe a
sottolineare che «la sua breve
esistenza di appena 26 anni contiene
un
ricco messaggio, che si concretizza
nella tensione constante verso la
santità». Una tensione questa che il
Papa ha voluto indicare come
prospettiva all'inizio del Terzo
Millennio: «È ora di riproporre a
tutti
con convinzione questa misura alta
della vita cristiana ordinaria: tutta
la vita della comunità ecclesiale e
delle famiglie cristiane deve
portare in questa direzione» ( 'Novo
millennio ineunte').
Domenico Iturrate, nacque l'11 maggio
1901, a Dima, piccolo villaggio
del Paese Basco. Coadiuvato da un
clima familiare profondamente
religioso, in Domenico spuntò fin dai
primi anni il desiderio di seguire
Cristo. «Per la potente intercessione
di Maria Santissima, -ci racconta
il Beato Domenico- Dio nostro Signore
ebbe pietà di me. Nel giorno della
mia professione, 14 dicembre 1918,
cessarono i travagli interiori e
riacquistai la tanto sospirata pace
dello spirito». La pace interiore,
la gioia del cuore nell'adempiere
fedelmente ogni cosa e nel vivere per
gli altri -gioia che, a detta dei suoi
compagni, lasciava trasparire.
Durante la sua permanenza a Roma, San
Carlino 1919-1926, seguì con
rimarchevole profitto gli studi
filosofici e teologici presso
l'Università Gregoriana. Nel 1924,
col consenso del suo direttore
spirituale, abbracciò il voto di «fare
sempre ciò che riconosca essere
il più perfetto». Domenico realizzò
questo impegno con esemplarità
eroica, che rifulse in maniera
particolare lungo il tempo della sua
malattia mortale.
Ai primi di settembre 1926 fece
ritorno in Spagna. Nelle sue
lettere,
scritte dal letto d'infermo, manifesta
una grande serenità di spirito e
persino la gioia d'immolarsi per
compiere fino in fondo il disegno
della
Santissima Trinità su di lui.
Confessa poco prima di morire il 7
aprile
1927 a Belmonte (Cuenca): «Quando Dio
vuole, mi unirò contento al divino
e celeste coro".
Il cardinale Carlo Salotti, che
lo conobbe da vicino e per molto tempo
nel convento romano di San Carlino
alle Quattro Fontane, ebbe a
dichiarare nel processo di
beatificazione: «Ho letto le vite di
quei
santi che furono Luigi Gonzaga,
Giovanni Berchmans, Stanislao Kostka,
Gabriele dell'Addolorata, ho scritto
la vita di Domenico Savio, e sono
costretto a riconoscere con
soddisfazione che Padre Domenico non
mi
parve punto inferiore a quelli nella
sua vita e nella sua condotta di
religioso. Al suo contatto riconoscevo
le mie miserie e mi sentivo
elevato spiritualmente».
«Esiste la santità vistosa e
appariscente di alcune persone, ma
esiste
anche la santità nascosta della vita
di tutti i giorni» (Giovanni Paolo
II). Il beato Domenico Iturrate
appartiene a quella schiera di santi,
per lo più giovani e prossimi a noi
nel tempo, che hanno preso sul serio
il Vangelo vivendone le esigenze di
amore e di fedeltà nel quotidiano
adempimento delle cose ordinarie. Nei
suoi appunti intimi del 1924 si
legge: «Cercherò di fare le cose
comuni in maniera non comune, per cui
vivrò una vita di fede e vedrò in
tutte le cose la mano di Dio».
Beato Domenico, prega per noi!
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